“Oggi vivo così”. Gemelline scomparse, la (coraggiosa) nuova vita della mamma Irina Lucidi

Quello di Alessia e Livia Schepp è uno dei casi di cronaca degli ultimi anni che più ha interessato e coinvolto il pubblico italiano. Diversi gli aspetti della vicenda che sono andati dritti al cuore degli italiani: lo strazio di una madre, gli atroci sospetti sul padre che molto probabilmente le ha uccise o comunque fatte sparire, il sorriso e gli occhi delle due piccole, ma soprattutto il dubbio sulla loro sorte.

È presumibile immaginare che siano morte, che le abbia ammazzate il padre prima di farla finita sotto un treno in corsa nei pressi della stazione di Cerignola, in Puglia, dopo una ‘fuga’ tra Svizzera, Francia e Italia, portando con sé il segreto sulle bimbe, vittime inconsapevoli di dissidi famigliari o di improvvisa follia umana. Lasciando solo una lettera agghiacciante: “Le bambine riposano in pace, non hanno sofferto… Non le rivedrai mai più”. 

Ed è questo il punto più atroce della vicenda: una mamma che sopravvive alle sue figlie, già di per sé atroce, ma soprattutto col dolore causato dal mistero sulla loro fine. Una madre che piange come se non sapesse il perché. Che vivrà in eterno tra l’irrazionale speranza di vederle tornare e la razionale conclusione che così non sarà. Ma una mamma non si rassegna, mai, e quella speranza non si spegnerà.

Dal giorno della loro scomparsa, il 30 gennaio 2011, diverse sono state le piste investigative, le ipotesi avanzate. Ogni volta sembrava di essere vicini alla svolta. Immaginiamo lo stato d’animo di Irina Lucidi, la mamma, puntualmente ‘sballottato’ da una o un’altra telefonata o suggestione di polizia e inquirenti. Morte, abbandonate, vendute in un campo rom, portate all’estero ma, puntualmente, nessun riscontro certo.  

E il dubbio infame resta. Ma come si sopravvive a tutto questo dolore? In una intervista al Corriere della Sera, Irina ha raccontato la sua ‘nuova vita’, caratterizzata da una reazione eccezionale, frutto proprio di quella disperazione. Ai tempi della scomparsa lei aveva un buon impiego in Svizzera, nell’ufficio legale della Philip Morris. “Ho provato a tornare al lavoro ma è durata poche settimane, non tornerò mai più a quel lavoro”, ha sottolineato. Evidentemente, dentro di sé aveva bisogno di uno scossone che desse un senso alla sua vita mutilata dalla scomparsa di Alessia e Livia. Poi c’è stato un viaggio che le ha cambiato la vita. 

“L’Asia mi ha fatto bene e mi hanno fatto bene i sorrisi splendenti dei tanti bimbi che ho conosciuto”, continua ancora Irina Lucidi nell’intervista al Corriere. “A Yogyakarta, sull’isola di Giava, ho dormito nei villaggi con le famiglie, andavo nelle scuole a insegnare un po’ di inglese agli studenti e loro mi seguivano per le strade, nei musei. Volevano imparare, capire. È stato bellissimo. La prima volta che ho visto una classe di bambini a piedi nudi ricordo che ho pensato a Matthias (il suo ex marito, ndr.).

I miei pensieri gli hanno detto: quanto sei stato stronzo. Guarda questi bimbi, hanno i sorrisi fino alle orecchie e sono felici eppure non hanno niente e invece tu avevi tutto e l’hai buttato via senza un motivo ed eri ricco, nel Paese più ricco del mondo”. E di lì la svolta, commovente. In Svizzera, quindi, ora c’è la sede della fondazione Missing Children, messa in piedi proprio da Irina con alcuni amici. Perché la sua storia e quella delle sue gemelline Alessia e Livia possa non ripetersi mai più. “Le mie gemelline – racconta Irina – sono sempre rimaste qui, accanto a me. Ce le ho negli occhi, sulla pelle… Trasmettono la vitalità che soltanto i bambini sanno come e dove trovare”.

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