Un errore senza precedenti ha coinvolto Piracy Shield, la piattaforma nata per combattere la pirateria online, che ha inavvertitamente bloccato Google Drive. L’episodio non ha avuto conseguenze gravi solo perché avvenuto nel weekend, evitando di mettere a rischio il lavoro di milioni di professionisti e aziende. Se fosse accaduto in un giorno lavorativo, le ripercussioni sarebbero state disastrose.
Piracy Shield blocca Google Drive
Il blocco è scattato sabato sera a causa di un errore nella gestione della piattaforma. Piracy Shield, un sistema donato dalla Lega Serie A ad Agcom, è progettato per segnalare e bloccare i siti che trasmettono illegalmente le partite di calcio. Tuttavia, nell’esecuzione del suo compito, è stato coinvolto il dominio di Google Drive, compromettendo l’accesso ai file per diverse ore, tra le 19 e le 22.15.
L’anomalia: come funziona Piracy Shield
Piracy Shield si basa su un meccanismo di segnalazione da parte dei broadcaster, che indicano ad Agcom i siti pirata. Questi, a loro volta, vengono bloccati dai provider internet in meno di 30 minuti. Il problema sorge quando, nella “pesca a strascico” dei siti illegali, finiscono nel mirino anche domini legittimi, come nel caso di Google Drive. Non è la prima volta che si verificano errori simili: il sistema spesso intercetta dati di traffico senza una verifica adeguata.
L’industria tech insorge contro la norma anti-pezzotto
La vicenda ha riacceso il dibattito sull’efficacia e la costituzionalità della norma anti-pirateria. Alessandro Longo, giornalista e esperto del settore, ha definito la situazione “impraticabile e incostituzionale”. L’incidente di sabato ha dimostrato quanto sia urgente rivedere il sistema di segnalazione e introdurre meccanismi di controllo più rigorosi.
I limiti del sistema e le possibili soluzioni
L’attuale sistema non permette ai provider di evitare blocchi indiscriminati, poiché ogni segnalazione urgente viene trattata allo stesso modo. La mancanza di un sistema di “warning” e di verifiche preliminari ha permesso che un dominio come Google Drive finisse nella lista dei blocchi, generando un caos evitabile. Dopo questo episodio, si discuterà l’ampliamento della white list, ovvero l’elenco dei domini intoccabili, ma potrebbe non essere sufficiente.
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